AGGIORNAMENTO NORMATIVO
Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004, il cosiddetto “Codice
Urbani” la Repubblica Italiana si è dotata di un articolato e completo testo normativo regolante la
materia della ricerca, tutela e valorizzazione dei Beni Culturali nazionali.
Nella sostanza il testo attuale amplia e adegua alla realtà odierna, colmando anche alcune evidenti
lacune, quello che era il già valido testo della Legge n. 1089 del 1939, che altresì risentiva delle
limitazioni scientifiche e culturali dell’intendere la ricerca nonché la tutela e valorizzazione del
bene culturale.
Una delle lacune più evidenti colmata dalla nuova Legge, riguarda proprio i beni sommersi e
quanto è può essere collegato agli stessi in termini storico, archeologico nonché demo etno
antropologico, altrimenti detta la “cultura del mare”.
Nello specifico è bene tener conto di alcuni passaggi della legge stessa:
-art.11, comma g, sono inclusi fra i beni d’interesse “le navi e i galleggianti aventi interesse
artistico, storico od etnoantropologico.”
-art.91, comma 1,”le cose indicate nell’art.10 (definisce le cose d’interesse) da chiunque e in
qualunque modo ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini, appartengono allo Stato e , a
seconda che siano immobili o mobili, fanno parte del demanio o del patrimonio indisponibile, ai
sensi degli articoli 822 e 826 del codice civile.
-art. 94, CONVENZIONE UNESCO, “gli oggetti archeologici e storici rinvenuti nei fondali della
zona di mare estesa dodici miglia marine a partire dal limite esterno del mare territoriale sono
tutelati ai sensi delle “Regole relative agli interventi sul patrimonio culturale subacqueo” allegate
alla Convenzione Unesco sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, adottata a Parigi il
02 novembre 2011.
Quindi una chiara presa di coscienza da parte del legislatore di come la problematica della tutela
del patrimonio sommerso fosse divenuta più attuale nel corso degli ultimi anni, anche grazie
all’introduzione delle nuove tecniche e attrezzature utilizzate nella pratica subacquea, ma
soprattutto il necessario allineamento a le normative internazionali, non ancora recepite da tutti i
paesi, ma alle quali l’Italia non poteva più sottrarsi.
Se una pecca proprio si deve trovare nel testo questa risiede nell’individuare e normare solo i beni
di provenienza sottomarina tralasciando le problematiche simili relative alle acque interne.
Ma al di là di questo neo, la legge riporta un’altra dicitura importante, nell’ambito dell’art. 89.
In questo, si ribadisce che l’azione e l’attività di ricerca è demandata al Ministero, ma lo stesso
può concedere l’autorizzazione anche a soggetti privati.
Ciò apre ampi margini di attività ricreativa e di ricerca anche ai Diving Center che sappiano
proporre una propria capacità operativa e ciò soprattutto in un momento in cui spesso il Ministero
stesso è carente proprio sotto il punto di vista operativo subacqueo.
Si consideri che i Nuclei Subacquei delle Soprintendenze, tranne pochi casi di eccellenza, sono
ridotti praticamente ai minimi termini, e che con il 1° maggio del 2009, si è praticamente sciolto lo